Il vuoto che non regge più

Leggo con sgomento, le vicende relative agli attacchi jhadisti di Parigi, nel cuore dell’Europa, nel cuore della Francia laica e democratica, il paese che maggiormente ha scommesso con altezzosa caparbietà sulla possibile costruzione di una società laica e asettica rispetto ad ogni fede ed ogni religione.

Mentre la Francia instillava il suo credo laico, combattendo le sue radici cristiane -ad esempio vietando categoricamente riferimenti ai simboli cristiani in scuole, ospedali e luoghi pubblici -, era poi non curante del montante crescere di una realtà nemica al suo interno. Lo stesso può dirsi dell’Italia e, forse, di ogni paese europeo.

Ora siamo in guerra, non nascondiamocelo più. Come ha detto papa Francesco, una strisciante Terza Guerra mondiale combattuta a pezzetti. Un pezzetto è qui tra noi. Gli eventi di Parigi sono stati anticipati dalla scoperta di una rete jihadista, che ha una sua sede anche a Merano. Qualcuno dovrebbe anche ricordarsi delle tristi vicende legate al mullah Krekar, e di come sotto giudizio finirono giornalisti e membri dei servizi segreti italiani, accusati di essere spie e infamati con tanto di pubblica gogna, per essere poi prosciolti da ogni capo d’imputazione, mentre si salutavano le doti dialoganti del Mullah, oggi rivelatosi come l’artefice di una pericolosa rete jihadista.

Queste constatazioni non tolgono la necessità di costruire un dialogo, semmai l’aumentano, ma tolgono ogni alibi a chi crede possibile la costruzione di una società (e di un dialogo) priva di identità.

La natura vive un horror vacui, sostenevano i medievali aristotelici. Se in natura, la fisica preferisce altre spiegazioni, di certo questo principio ha valore per la società umana. Se si costruisce sul vuoto, questo vuoto viene riempito da qualcuno. Se dimentichiamo le radici che hanno costruito la più appetibile società, oggi, del pianeta, raggiunta per questo da tanti popoli disperati,  qualcun altro la estirperà per occuparne le terre e assorbirne le ricchezze materiali e spirituali.

I fatti di Parigi sono un monito a ritrovarsi uniti, a sostenere e recuperare la coscienza di quel che siamo.

È curioso che tutto questo accada mentre approfondivo con i miei studenti la tragedia nazista, vista con gli occhi dei ragazzi della Rosa bianca. Proprio ieri sera in venticinque a immedesimarsi con la vita e discutere sulla storia di un pugno di giovani non disposti a cedere al vuoto, a voler affermare un “pieno”, costituito dalla propria cultura, dalla propria coscienza, dalla propria sete di Assoluto. Curioso che proprio questa mattina a lezione, riprendendo i contenuti, insistessi sul fatto che quelle vicende non sono lontane da noi, sono battaglia quotidiana, sono la sfida di ogni giornata. Qual è il pieno che ci spinge ad andare al lavoro o allo studio ogni mattina? Abbiamo un pieno da difendere, per cui lottare, in cui sperare?

Gli eventi di Parigi sembrano portare l’inderogabile necessità della scelta di nuovo tra noi, sembrano sollevarci da ogni torpore e porci la domanda inquietante: tu chi vuoi essere? Tu chi sei?

Di fronte al male disperato di bande di aguzzini, tu che luce porti? Fuggi? Hai paura, impotente e tremolante? Oppure vivi un’esperienza invincibile?

Domanda pertinente, da porci l’un l’altro, che ulteriori notizie svelano terribilmente occultata e scientemente elusa da tempo. La vicenda del veto, posto a una classe di scuola elementare toscana, a visitare una mostra perché vi erano rappresentati crocefissi, l’astiosa distanza che nella scuola, nella cultura, nella società,  si prende rispetto all’evento cristiano, come fosse nemico giurato dell’Europa e non suo padre, svela l’ottundimento del pensiero, incapace di riconoscere donde venga il pericolo oggi. Proprio come ai tempi di Hitler, allora spaventati dagli Ebrei, anche oggi nessuno si accorge da dove viene il reale pericolo e dove stanno le reali risorse.

Uno svuotamento dell’anima e della dignità di un popolo, quale quello perseguito da troppi decenni, è il vero pericolo che ci potrebbe rendere inermi di fronte alla violenza rinascente. Oggi come allora, non mancano i suonatori di violino, lugubre melodia dei campi di concentramento tedeschi, che coprono il dolore di chi soffre, per un gioco della società e dei potenti che, ora, tuttavia, si fa davvero pericoloso.

Occorre svegliarsi e tornare a guardare la realtà nella sua ingombrante portata di dramma e di lotta.

Chi può lo faccia subito. È tempo di svegliarsi dal sonno.

Qual è la tua esperienza invincibile?

Qui le terribili immagini della carneficina di Parigi.

7 commenti su “Il vuoto che non regge più”

  1. Grazie! Dopo essere andata a letto all’una, per seguire i fatti di Parigi, stamattina alle 7, pensando a come aiutare me e i miei studenti ad affrontare la questione, mi sentivo abbastanza smarrita e con poche energie. Il tuo articolo è stato l’occasione per rialzare lo sguardo e riguardare all’esperienza invincibile incontrata. Nella tristezza infinita, lieta.

    Rispondi
  2. mi capita di vivere da ormai 8 anni nel nord dell europa tra belgio e olanda… il vuoto si vede bene qua..ma non che in italia sia poi tanto diverso di questi tempi….a dire il vero…questo vuoto credo faccia parte anche del mio pensiero….. ma non mi sembra chiaro come ritornare alle nostre radici o attaccarci ad un pieno da difendere o per cui lottare possa aiutare a risolvere questa situazione….
    ideali “laici” di uguaglianza, libertà e fratellanza rappresentano già un bel pieno….il problema mi sembra più che per il capitalismo e il suo dio denaro e la dea ricchezza, tutto è venduto e tutto e passa in secondo piano…. per un po di olio nero, di dollari o potere ci stiamo immischiando poko abilmente in cose che non ci interessano…sopratutto anche con la scusa di portare ideali che non rispettiamo neppure noi e che poco hanno a che vedere con la loro storia e i loro ideali ( lavoro da circa 3 ani con arabi, egiziani e musulmani in genere, e la differenza anche con le nuove generazioni anch’essa devota al soldo….è ancora grande)…

    Rispondi
    • Hai ragione Nicola, quegli ideali sono un bel pieno. Il problema è se siano autosufficienti, oppure traggano da altro (una storia molto più ricca e longeva) la loro origine. Oggi è un’evidenza che non sono autosufficienti, che necessitano di un fondamento più profondo. L’Illuminismo ha fallito, ed ha fallito proprio come descrivi perfettamente nella parte finale del tuo commento. Ha fallito perché ha generato banalità e si è rivolto nel suo contrario. L’immagine simbolo di questo smarrimento sta nel volto di Hollande. Un amico che lavora in Francia e che ho citato in un altro mio post, mi diceva: “il dramma è che a tutto questo – la Francia come sistema civile di convivenza- non crede più nessuno”.
      Dove rifondare una socialità laica, libera e amante del bene dell’altro in quanto altro?
      La risposta non può essere schematica. Il tuo intervento aiuta a capire questo e te ne ringrazio molto.
      Occorre interrogarsi e frugare nella propria esperienza (presente o futura), cercando una risposta.
      Teniamo presente questa tua domanda e viviamo desti. Sicuramente ci sarà al mondo un po’ meno banalità (vera causa ultima di tale violenta…. La “banalità del male”, diceva la Arendt).
      Nell’articolo e nei prossimi eventuali interventi intendo parlare di esperienze… Anche questo articolo è nato dall’esperienza in classe, parlando di un’altra tragedia, così simile, terribilmente simile…

      Grazie Nicola.

      Rispondi

Rispondi a Nicola Annulla risposta

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: