L’eredità di don Giussani e il Meeting 2016

In questo Meeting 2016 c’è un punto chiaro che non deve essere confuso, in mezzo a letture superficiali o addirittura tendenziose. Letture che è destino vengano riproposte a Rimini a fine agosto, ogni anno, in gran copia, fin dalle prime edizioni. Polemiche che passano come un soffio, mentre quel che resta è l’evento che si riproduce in fiera ogni anno e che continua a determinare una prospettiva di novità unica nel panorama culturale italiano e internazionale. Qualsiasi polemica che non riconosca questo dato  originario (la natura sorprendente ed esuberante del Meeting) è destinata a rimanere superficiale ed epidermica.

Lo ha ben capito, comprendendo anche ciò che non si può capire dall’esterno e rispettando questo orizzonte non definibile, Dario Di Vico sul Corriere della Sera. Il “cambiamento di pelle” del movimento di CL e del Meeting nasconde in realtà una profonda continuità, che Di Vico, giustamente, dichiara non facile da definire e descrivere per un cronista, ma che egli stesso rispetta e legge come un percorso fedele alla Chiesa e al desiderio di Giussani di accettare le sfide del presente. Sorprende invece come non sia compresa da alcuni tra le vecchie generazioni di Cl, che si lasciano andare ad isteriche reazioni sul web, non degne del carattere realistico e virile che da sempre il movimento ha insegnato ai suoi aderenti.

Quella continuità, elemento di così difficile comprensione dall’esterno (ma anche l’elemento più interessante per tutti coloro che al Meeting vi abbiano fisicamente messo piede), è il cuore della questione.  Si tratta del Cristianesimo inteso come compagnia presente di Cristo all’uomo (nell’ora e nell’istante), che don Gius ha sempre richiamato (e che qui viene ripreso persino, ad esempio, nel quarto video della mostra sui 70 anni della Repubblica).

In realtà è come se tante persone aderenti al movimento dovessero ancora “vedere” il cuore del movimento stesso, essendosi fermati ad alcuni aspetti, a modelli e schemi, 25 anni fa rilevanti e validi, ma che oggi ovviamente non tengono più (e che anche allora risultavano troppo poco per don Gius, sempre pronto a rilanciare e richiamare oltre). Cambiati i tempi, cambiano le risposte. Unica risposta che non cambia è Cristo, ma questi non è una formula, una modalità, una determinazione culturale. È una presenza viva, ora e oggi. E questa presenza, nel movimento di CL, come nella Chiesa intera, è più che mai operante.

La necessità di chiarificare il senso di vecchie e nuove battaglie, e di capire dunque più a fondo la proposta di don Giussani – irriducibile ad una interpretazione (Carron non interpreta Giussani, ma lo segue, potremmo dire, sine glossa) –, è emersa con forza durante l’incontro Romano Guardini e Luigi Giussani in dialogo con la modernità, che ho commentato sinteticamente per il Quotidiano Meeting di sabato a pag 11 (commento che qui potete leggere).

Gli interventi hanno messo in luce come Guardini e Giussani abbiano intuito, forti della consapevolezza che Cristo – logos della realtà, centro del cosmo e della storia – è una presenza personale, viva, incarnata nell’unità dei credenti e non in discorsi o interpretazioni etico-dottrinarie, la pertinenza della sfida della modernità per un incremento della fede (e dunque dell’umano). Di fronte all’indifferenza della cultura o delle persone del proprio tempo, entrambi hanno proposto Cristo stesso, denudato da tutti gli orpelli inessenziali, liberi da ogni forma precostituita, forti solo dell’esperienza di Lui. Nel caso di Giussani ne è nato un movimento capace di attraversare per intero la storia e che oggi ritrova ancora una volta se stesso, liberandosi da vecchie battaglie per intraprenderne nuove.

A riprova di questa “complessità e semplicità” di comprensione su cosa sia il movimento (e il cristianesimo), possiamo prendere un passaggio dell’articolo del Corriere della Sera che implica il tema stesso del Meeting 2016.  Il giornalista vede in questa edizione una sostituzione  della presenza dell’ “io”, in favore di quella del “tu” e ciò viene letto ovviamente come una novità di Carron.  Ma il cuore di quanto detto da don Giussani da sempre (fulcro della sua lezione sull’uomo) è proprio che la consistenza dell’io è in un Tu. Dunque la sottolineatura di quel Tu, che prende forma nella realtà, ed oggi secondo connotati così “altri” (profughi, Islam, pensiero laico, politica del compromesso, ecc.), è la più grande novità, ma anche la più grande continuità, di questo Meeting che, come abbiamo già scritto,  ritrova pienamente se stesso (meeting per l’amicizia fra i popoli).meeting 2016 you'llnever walk alone

Esito di questo cammino è il ritrovarsi mai soli, ma il moltiplicarsi di incontri significativi con tutti (altra costante del Meeting). Al contrario una fossilizzazione di temi e consuetudini porta all’arroccamento su di una cittadella destinata a morire del suo stesso respiro.

L’esperienza del Meeting, come quella di don Giussani fin dai primi tempi al Berchet, è al contrario quella di scoprire di non camminare mai soli, ma di possedere un cordone ombelicale che ci lega al mondo intero.

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