Se la Giannini deve chiarire sul gender… e …. la buona scuola senza autonomia non è tanto buona

Se occorrono tanti chiarimenti sulla questione gender, al di là delle rassicurazioni del ministro Giannini, qualche problema ci deve essere. È del 15 settembre appena scorso una circolare del MIUR che in sostanza ammonisce i Dirigenti scolastici a non confondere la difesa delle diversità, la lotta alla violenza sulle donne, ecc. con l’introduzione di “ideologie gender”. Vero che si afferma che si rende necessaria la precisazione a causa di comunicazioni massmediatiche non corrette. Troppe grida, poco informate e poco serie – diciamoci la verità – sono emerse dal mondo cattolico in tal senso (complici i social e WhatsApp). Ma è altrettanto vero come si sia assistito in questi anni ad una strana e inopportuna “caccia all’omofobo” (sport particolarmente attraente per qualcuno, se poi il presunto omofobo è cattolico) o all’introduzione di iniziative a dir poco ambigue.

La Giannini, ammonisce:

La finalità del suddetto articolo (ndr: la circolare per intero  è  consultabile sul sito del mistero) non è, dunque, quella di promuovere pensieri o azioni ispirati ad ideologie di qualsivoglia natura, bensì quella di trasmettere la conoscenza e la consapevolezza riguardo i diritti e i doveri della persona costituzionalmente garantiti”.

E tuttavia episodi quali quelli sopra genericamente citati, tra cui anche l’introduzione di schede dove scompare la denominazione “padre” e “madre”, al posto di “genitore A” e “B”, fanno essere particolarmente sospettosi.

In particolare, la direzione che spesso viene a realizzarsi pare essere il contrario di quanto la legge intende stabilire. In nome di una difesa del diritto a vivere la propria sessualità in chiave non convenzionale, si  assiste infatti ad una sorta di livellamento della dimensione della mascolinità e della femminilità. È sacrosanta la difesa del diritto alla differenza (e dunque anche della scelta di vivere la propria sessualità secondo la propria indole), laddove questa non tocchi dimensioni più alte (diritto dei figli, ad esempio). Tuttavia questa difesa non si ottiene azzerando le differenze. Risulta persino lapalissiano: per difendere le differenze, occorre non eliminare le differenze (come invece la scheda di fatto compie).

La Giannini ha ragione nel dire che le disposizioni della Buona scuola non introducono ideologie gender, e pur tuttavia dentro le tante, a volte fumose definizioni espresse, si possono insinuare percorsi ambigui e ambivalenti, da parte di chi scalpita (e sono tanti) perché questa ultima battaglia, così alla page, si realizzi (giacché purtroppo solo di questo si tratta, più che non di reale coscienza civica sensibile a fasce sociali o culturali non tutelate).

Nella circolare, in realtà vi sono spunti interessanti (in mezzo a tante considerazioni che lasciano trapelare un campo di battaglia apertissimo, rispetto al quale chi lo sta combattendo più tenacemente ci sta dicendo che non c’è nessuna teoria gender, nessuna battaglia, nessun problema…  Insomma,” Va tutto bene!”,  – come in film americano, o come direbbe un politico per rassicurarti e…)

Gli spunti interessanti sono in particolare due.

Da una parte, come si diceva, si riconosce con forza il diritto alla differenza e alla propria identità. E nelle citazioni, emerge certamente la questione femminile (violenza e discriminazione), la questione relativa alla differenza sessuale, ma emergono anche le differenze di ogni tipologia, tra cui quelle culturali e quelle religiose. E si parla esplicitamente di ebraismo, di islamofobia e (finalmente) anche di cristianofobia.

Infine, connessa e a integrazione delle azioni di cui sopra, è la Collaborazione con l’Alleanza Europea per il contrasto all’“Istigazione all’Odio” (in sede internazionale “Hate Speech”). L’istigazione all’odio, così come definita dal comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è espressione di tutte le forme di diffusione ed incitazione all’odio razziale, alla xenofobia, all’antisemitismo e ad altre forme di intolleranza, espressione di nazionalismi, discriminazione nei confronti di minoranze, di migranti. Altre forme di discriminazione sono la misoginia, l’islamofobia, la cristianofobia e tutte le forme di pregiudizio circa l’orientamento sessuale e di genere.

È un passaggio importante, per quanto riferito soprattuto al richiamo del Consiglio europeo,  perché nelle nostre scuole e nella nostra società  i tratti di una profonda cristianofobia sono ben evidenti. Tratti evidenti di un’intera società sempre più in conflitto (un conflitto che ha un sapore quasi psicoanalitico ed edipico) con le proprie radici.  Talvolta questi atteggiamenti diventano invasivi e preoccupanti. Occorrerà essere consequenziali anche su questo punto, oltre che sugli altri.

Il secondo passaggio importante è quello finale. Dopo aver richiamato il ruolo decisivo dei genitori nella scelta dell’educazione da impartire all’interno dell’istituzione (e dunque un obbligo di informazione e di consultazione, oggi spesso purtroppo disatteso per disattenzione anche da parte delle famiglie),  si dice:

“le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell’Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie”.

Questa opportunità offerta ai genitori, consentirà di scegliere la scuola dei propri figli dopo aver attentamente analizzato e valutato le attività didattiche, i progetti e le tematiche che i docenti affronteranno durante l’anno che, in ogni caso, dovranno risultare coerenti con i programmi previsti dall’attuale ordinamento scolastico e con le linee di indirizzo emanate dal MIUR.

È qui torna l’annosa questione dell’autonomia delle scuole. In una struttura come quella attuale, con scarsi o inesistenti elementi di autonomia delle scuole, (mancanza dovuta in primis dall’impossibilità di reclutare il corpo docenti in maniera libera e flessibile), i genitori non hanno reale possibilità di scelta. Troppo spesso i piani di offerta formativa sono documenti poco esplicativi delle linee educative che la scuola intende portare innanzi. E tutto si risolve in una firma di carattere burocratico, apposta distrattamente dai genitori, alla faccia delle buone intenzioni della Buona scuola.

Occorre una svolta più coraggiosa, per cambiare la scuola. Una svolta più democratica dove valori e proposte educative si possano confrontare in un sano confronto (ed anche competizione), senza tentazioni di imposizioni ideologiche.

 

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