Il Natale nel nuovo millennio: la commossa meraviglia per una bellezza povera e drammatica

Spesso Giovanni Paolo II parlava dell’avvento del nuovo Millennio come il tempo di una rinascita del Cristianesimo e di una nuova evangelizzazione (“aprite le porte a Cristo”). Papa Benedetto ha precisato come dovessero cadere tutte le “conseguenze” del Cristianesimo, per attestarci sull’essenziale: Dio che ci viene incontro (parlava di “minoranze creative” e prefigurava il disegno di una chiesa che ha perso e perderà ogni potere mondano). Papa Francesco sta operando fattivamente secondo la dinamica dell’incontro, testimoniando la prossimità di Dio in ogni situazione, in ogni storia particolare, con un impeto tutto nuovo e con forme sorprendenti e libere.

L’esperienza umana, per credenti e non credenti che seguano attentamente il cammino di consapevolezza della Chiesa degli ultimi decenni, è appassionante. È la scoperta continua di una positività insperata, ancor più luminosa se nascosta nelle pieghe più buie della vita. È una “impossibile” positività che vince e si afferma, seppure visibile solo agli occhi di chi è abbastanza “povero” da poter vedere.

Trovo riassunta in questa dinamica tutta la migliore filosofia che gli autori, che insegno da anni, propongono (Socrate, Platone, Tommaso, ma anche Kant stesso ed alcuni aspetti del tanto vituperato Hegel o di Marx, per non dimenticare Nietzsche o Heidegger).  In questo gioco sottile della natura con la ragione, di Dio con l’uomo, si inscrive la grande ricerca della verità di sempre.

Il Natale è semplice ma non è cosa da poco.

È la grandezza di un Mistero che ci dona la ragione per comprendere la realtà e poi sceglie ciò che è impossibile per la ragione per darci una luce definitiva sulla vita.

Ed è necessario che sia così.

Proprio in questi giorni a lezione, studiando Cartesio e Pascal, emergeva come l’intelletto  non possa afferrare il cuore dell’esistenza (ma poi lo sostiene anche, sorprendentemente e criticando l’illuminismo, il giovane Hegel, emblema del razionalismo moderno). Come dunque afferrare il cuore dell’esistenza se non oltrepassando quella ragione, i cui concetti  la mia docente tomista (Sofia Vanni Rovighi) definiva con termini pascaliani, “grandezza e miseria del genere umano”?

Il Natale per un filosofo è cosa strana. Da una parte la sua semplicità e quotidianità lo lasciano attonito e quasi smarrito. Come fosse troppo poco. Dall’altra lo affascinano e lo attirano, come un segreto che pre-sente ma non conosce, un segreto rivelato ai piccoli e di cui lui, che fa del conoscere il suo mestiere, non ne sa nulla.

Trovandomi con numerosi colleghi per una cena insieme, ed essendo prossimi al Natale, ho voluto regalare  loro il Volantone che alcuni amici preparano ogni anno. Ho desiderato in realtà condividere  quanto  ha voluto dire per me questo foglio di carta quest’anno,  riassunto in un video che ho proposto a colleghi, studenti e amici, e che  trovate qui sotto.

Il volantone è una foto , accompagnata da una frase di un altro mio docente all’università (e molto più che un docente), don Luigi Giussani.

Una “storia particolare” è la chiave di volta della concezione cristiana dell’uomo, della sua moralità, nel suo rapporto con Dio, con la vita, con il mondo. La nostra speranza è in Cristo, in quella Presenza che, per quanto distratti e smemorati, non riusciamo più a togliere – non fino all’ultimo briciolo, almeno – dalla terra del nostro cuore per tutta la tradizione dentro la quale Egli è giunto fino a noi.

Quando l’ho visto la prima volta, distrattamente, ho pensato a una suggestiva foto di un presepe. Il tema è, in un bianco e nero cupo, la luce che promana dalla capanna di Betlemme. Osservando meglio, ci si avvede che si tratta di migranti. E qui mi sovviene la lezione che per un corso di aggiornamento  di filosofia avevo udito un paio di mesi fa. Il prof. Elio Franzini, descrivendo la “natura del bello”, concluse in maniera commovente, citando San Francesco e definendo la “bellezza della povertà” quale chiave per capire la natura più profonda del bello.

È anche la chiave di questo volantone che, uscendo – come accadde già diversi anni fa più volte per quello analogo di Pasqua –  dall’immagine iconografica classica, lancia un messaggio eccezionale. Il messaggio che Franzini, inconsapevolmente, ci ha lanciato ad ottobre: “guardiamo queste immagini – si riferiva a drammatiche foto di migranti – vi è una bellezza povera, drammatica, che non ha bisogno di parole ma finché non comprenderemo questa bellezza povera e drammatica noi non comprenderemo il senso che la bellezza ancora oggi ha per noi”.

Il Natale è per tutti, come ha scritto Carron. Il Natale è per questo nuovo millennio, tempo in cui abbiamo smarrito la nostra ricchezza. Il Natale ci permette di guardare nuovamente e realmente quella realtà che ci appare spoglia e povera ma che nasconde una ricchezza inestimabile: l’amore di un Dio che si fa compagno della nostra intera esistenza e che nulla al mondo ci può strappare di dosso o può allontanare dalla nostra vita, qualsiasi condizione stiamo attraversando.

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