Dopo la lettura di queste brevi parole di una donna (mussulmana, immigrata, abortista e pro diritti gay ma che ha votato convinta Trump), pubblicate sul Corriere della Sera, per chi vuol capire, è tutto chiarissimo.
Nessun mistero nella elezione di Trump (con il senno di poi).
E questa donna, Asra Nomani, ci aiuta ad aprire gli occhi sulla scelta degli americani: discutibile ma legittima (e persino ragionevole). Gli americani pagano l’inconsistenza ideologica di un pensiero liberal che non riesce a raggiungere la realtà delle cose: non realizza più giustizia (la riforma sanitaria non raggiunge chi ha bisogno) e fa danni irreparabili nel mondo, attraverso una politica estera (di cui la Clinton porta piena responsabilità) debole con i tagliagola islamici radicali e ipocrita.
Questo non implica ovviamente che la scelta di Trump sia la soluzione. Trump è un’enigma. Ma la certezza è il fallimento totale, chiarissimo nelle parole dell’intervistata, del programma del super osannato (a priori) primo presidente nero d’America (pulito, educato, liberal, cortese, nonché piacente).
Asra non è il popolo di “operai – elettori di Trump”, che Saviano equipara ai bambini killer di Napoli, come frutto delle nuove caste padrone del mondo. No. Non è solo risentimento, ma analisi lucida, definizione chiara di un fallimento. Quello del suo partito, della sua cultura democratica (in cui pure è immersa). E ancora una volta la tracotanza engagé degli intellettuali non capisce. Ma le reazioni alla Saviano, pur meno articolate, si sono moltiplicate in questi giorni, ferme allo scandalo su come si faccia a votare uno come Trump. E invece Asra ce lo spiega in due battute e ci fa un po’ arrossire di vergogna per l’incredibile incapacità di analisi dimostrata da tutti.
Ma c’è dell’altro. Stupisce la certezza di Asra nei confronti della società e cultura americana come capace di prendere altra piega rispetto agli slogan elettorali sconsiderati di Trump (“Non ho nessun timore ad essere musulmano in America”, sostiene a fine intervista). C’è una fede nell’occidente e nell’America, che deve tornare ad esserci familiare.
È vero. Ne sono certo anche io e l’ho espresso ai miei studenti da subito. Gli Stati Uniti mai potranno diventare quelli descritti da Trump nella campagna elettorale e sembra che le prime mosse vadano proprio in questa direzione (addirittura l’ipotesi di avere Bill Clinton come consulente, si legge oggi). Ma sentirlo da una immigrata mussulmana che vive in America conforta, seppure ovviamente la scommessa rimanga aperta.
Paradossale che l’America debba imparare ad avere fiducia in se stessa da questa “straniera”.
È giunto il momento di interrogarsi sul perché e per quale origine l’America possa infondere questa certezza. La scommessa è decisiva non sono per il popolo americano, ma per tutto il globo.
La certezza di Asra deve ritrovare le sue solide fondamenta. Più solide della politica spettacolo di questo deprimente scontro elettorale. Piu solide di un programma elettorale conservatore o liberal.
Sarà bene dunque cantare non più God bless America, ma God save America. Ne abbiamo bisogno tutti.