Se Mattarella ha deciso di porre uno stop così eclatante ad un percorso che pareva essere sulla via della conclusione, qualcosa di grave, di molto grave, assai più di quanto possiamo già sapere o immaginare, aleggia tra le quinte del dibattito politico di questi giorni.
Certamente la situazione non può essere ridotta alle semplificazioni che penetrano la nostra pelle, con la complicità dei social. “Mattarella servo della Merkel”. “Democrazia defraudata”. “Volontà popolare schiacciata”. Dittatura del Presidente”.
Slogan che non possono essere il criterio per un giudizio che permetta di ricostruire la nostra democrazia. e un’Italia più forte. Slogan che non posso che cozzare contro i “Poteri forti” e infrangersi in mille pezzi, con la naturale conseguenza di portare al disastro la nazione intera, destinata a deflagrare sulla spinta di iracondi desideri contrapposti.
In questa situazione, il punto di speranza – data l’assenza della politica – è il tessuto sociale ancora presente in Italia. Gruppi e gruppetti di amici appassionati alla politica che, fuori dai giochi, si aiutino a vincere la reattività e la passività (due facce dello stesso errore).
Vincere la semplificazione iraconda è il primo dato.
Il secondo è l’amore per la realtà che non coincide mai con semplici schemi (di destra o di sinistra, penta stellati-sovranisti o europeisti, democraticisti o putiniani).
Il terzo è vivere da subito un elemento di positività e di speranza, da difendere, da sostenere. Non il risentimento ma la speranza, la cui certezza sia il presente che soddisfa, che riempie l’esistenza e che pertanto ha rilievo, conta, pesa inferendo senso di responsabilità, fino ad evitare sbandate istintive alla “tanto peggio” (tipico di chi non ha nulla da difendere).
Confrontandomi con amici in alcuni di questi gruppetti, che si stanno moltiplicando spontaneamente, in sé senza alcuna pretesa e futuro ma di cui sono profondamente grato come l’elemento più utile oggi, ho chiesto – proprio per vincere la tentazione della reazione istintiva – all’amico e grande saggio della politica Nicola Sanese una sua opinione.
Questi i punti che ci ha girato in una chat e che credo meritino una più ampia diffusione. Nicola ha acconsentito di riportarli su questo blog, malgrado siano ovviamente precari, quali semplici appunti scritti su WhatsApp.
Il dibattito nella chat citata si era innescato dopo un mio post che suonava così: “Conte rinuncia. La situazione precipita. Preghiamo per l’Italia.”.
Così Nicola Sanese:
” In estrema sintesi: 1. Situazione molto critica iniziata dal 4/12/17 e dagli errori dell’ ex-premier Renzi. 2. Legge elettorale “Rosatellum” del tutto inadeguata. 3. Passo debole di Di Maio-Salvini l’avere indicato un non eletto il 4/3. 4. Mattarella ha assecondato al meglio l’esito del voto del 4/3 , ma ha avvertito i due di alcuni limiti invalicabili. 5. L’inesperienza di Conte e la “prepotenza” dei due “escono” dal campo della politica. 6. Nel crollo delle evidenze va aggiunto il consumarsi del sistema democratico. 7. La saggezza politica (da chiedere si, con la preghiera) è un governo di tutti per: blocco aumento IVA, legge di bilancio e legge elettorale modificata. NB: apprezzo molto il vs dialogo PS: Nel passato più volte ci furono stop su candidati ministri “.
Che dibattiti di tale profondità si moltiplichino, vincendo l’istinto forcaiolo (e impotente) è l’unica speranza per il medio termine. Il breve sarà sicuramente durissimo.
Sarà Marco Ponselè, il testimonial della serata che il Coro popolare e l’Ensemble Amarcanto regaleranno alla città sabato sera alle ore 21, presso il Novelli dei Rimini.
Marco, giovanissimo, da un anno lavora in AVSI. Una scelta professionale ma anche di vita, di ricerca di un lavoro che possa permettere di realizzare il “sogno della giovinezza” (Giovanni XXIII).
In Marco l’entusiasmo per una vita che si va costruendo (e nel migliore dei modi) è palese, ed è contagioso. Nelle sue parole i drammi dell’Uganda, del Sud Sudan, del Kenia non sono occasione per una cupa percezione di quello che non va (ed è tanto), ma un terreno da arare, un campo di lavoro, una strada, pur irta di ostacoli, da percorrere con energia e sguardo aperto al futuro.
Marco ci ha parlato del primo suo vero incontro con AVSI, frutto di un viaggio e di una collaborazione nata ai tempi della tesi di laurea in Università Cattolica in management, per la quale passò un periodo in Kenia. Un incontro che nel tempo si è trasformata in una scelta di lavoro.
Nel descrivere il suo lavoro, definito come “corrispondente” al suo desiderio, ha toccato quelle realtà di AVSI che proprio il concerto di sabato andrà a sostenere, ovvero l’Uganda.
Colpito dal desiderio di riscatto e di costruire la propria vita che le persone incontrate in Africa gli hanno testimoniato, Marco ha sottolineato come “tale desiderio rimanga dentro”, costituisca la molla per cui si possa costruire una realtà grande come AVSI. Un desiderio di costruire la propria vita e la società che fa sì che la scuola di Kampala sia tale “da far invidia a tante nostre scuole”, un luogo bello, “dove desideri starci”. Dunque una positività e una vita rinnovata, di cui sentiamo tutti il bisogno. Anche noi comodi occidentali.
Ma merita di essere ascoltata per intero questa clip di soli 15 minuti, ma decisamente intensa.
In attesa del concerto del Coro Popolare di sabato prossimo, abbiamo intervistato Lorenzo Franchi, responsabile della Campagna AVSI 2018, ovvero la raccolta fondi che permette di sostenere ben 149 progetti sparsi in 30 paesi del mondo.
Con lui vogliamo capire meglio le ragioni di un impegno divenuto così esteso e tale da riguardare un numero sempre crescente di volontari.
Lorenzo partiamo dal tema che avete scelto quest’anno. La casa. Perchè?
L’idea di casa che stiamo raccontando non è solo un luogo fisico, ma un luogo dove una persona si può sentire accolta, guardata, curata se ne ha bisogno. Intendiamo tutti quei luoghi dove una persona può intrecciare relazioni. È la casa intesa come dimora, come luogo in cui trovare se stessi. Questo concetto si presta bene come “ombrello” che raccoglie i vari progetti che sosteniamo quest’anno: il progetto della Luigi Giussani High School di Kampala, l’asilo di Qaraqosh, Portofranco in Italia e gli “ospedali aperti” in Siria. È decisamente interessante, in tal senso, quanto dice in un video girato a Kampala, all’interno del quale un prof. della scuola afferma: “chiunque viene qui si sente a casa”, concetto ribadito da un ragazzo, durante l’inaugurazione dell’anno della scuola. Cerimonia importante con studenti, famiglie, i prof., autorità, e prende la parola Odong, uno studente, dicendo “questa non è una scuola” e si interrompe. Istanti di silenzio, tra il terrore degli insegnati che hanno pensato “chissà cosa dirà adesso!”
Poi prosegue: “questa non è una scuola, perché questo posto è casa mia. Qui infatti sono atteso, guardato e amato in ogni istante. È per questo che al mattino non cammino ma corro per venire qui.”
Notevole. Vogliamo fare una panoramica sugli altri progetti sostenuti questo anno?
Partiamo dalla Siria. In un paese straziato dall’odio, ridotto in poco tempo a condizioni inimmaginabili tra cui l’emergenza sanitaria che è altissima (si parla di 11 milioni e mezzo di persone che non hanno possibilità di curarsi), nasce nel 2016, grazie alla sollecitazione del nunzio apostolico Mario Zenari, il progetto Ospedali aperti. È un progetto che porterà cure a 40mila persone. Già quest’ anno abbiamo curato 4mila persone. Una goccia nell’oceano, ma accogliere gratuitamente tutti (vi sono ospedali funzionanti, ma a pagamento e le persone non possono accedervi), senza distinzione di credo (accogliamo cristiani, sunniti, sciiti…) o di provenienza, è una grande rivoluzione in un paese connotato dall’odio.
In particolare l’intervento su cosa verte?
Abbiamo potenziato tre ospedali, con macchinari, strumentazioni, strutture. Abbiamo istituito un ufficio per valutare i casi di più forte urgenza e di reale bisogno (verificando che siano veramente persone prive di risorse). Ospedali aperti accende una speranza, perché fa capire che si può essere accolti per quello che si è, senza alcun retropensiero o interesse. In un paese dilaniato per ben 7 anni da una guerra che nasce da pretesti religiosi, la nostra presenza fa comprendere che ci può essere un modo diverso di vivere.
Passiamo all’asilo di Quaraqosh.
Qui è particolarmente evidente il concetto di casa. Liberata la città dall’ISIS, i 50mila profughi che in tempi rapidissimi erano dovuti fuggire nel 2014, ora possono tornare. Ma tutto è da ricostruire. La prima cosa che hanno chiesto è stato di costruire un asilo per i propri figli, sulla scia dell’esperienza entusiasmante vissuta nei campi profughi, dove avevamo iniziato un’esperienza simile. È lì, nei campi profughi di Erbil, che li avevamo incontrati. Offrivamo loro la prima assistenza ma poi è nato un asilo di 150 bambini. E’ da quella esperienza che hanno voluto ripartire. L’asilo è cresciuto fino a raggiungere 400 bambini. E’ l’unico funzionante ed è il centro, il volano, della rinascita della città.
L’obiettivo è quello di ricostruire l’umano, cosa ben più difficile (e importante) che non ricostruire gli edifici.
Portofranco invece opera in Italia…
Portofranco, la rete di docenti che aiuta gratuitamente ragazzi in difficoltà con lo studio, sta incontrando centinaia e centinaia di stranieri. Sta diventando cioè uno strumento di integrazione eccezionale, un luogo dove italiani e stranieri, alunni e docenti, si incontrano e si riconoscono nel bisogno di crescere, di imparare un metodo, di trovare un terreno comune. Portofranco sta facendo molto per l’integrazione.
Tornando all’Uganda, la situazione come si configura?
La situazione è di grande povertà. L’Uganda accoglie un milione e cinquecentomila profughi del Sud Sudan, dove una guerra che si sta protraendo dal 2013 ha già causato 50mila morti. Un paese duramente provato, che vede AVSI presente da tanto tempo. Qui fortissimo è il rapporto con Rose Busingye, l’infermiera che ha costituito un centro di assistenza per donne ammalate di AIDS a Kampala.
La Luigi Giussani High School, l’hanno voluta loro per i propri figli, perché rinate in un rapporto personale con Rose hanno voluto che per i loro bambini potesse aprirsi una speranza, ovvero la possibilità di vivere la bellezza della vita che hanno cominciato ad assaporare. (si veda integralmente il video linkato sopra, dove Rose interviene più volte).
Senza dubbio, in questo mare di bisogno, l’opera di AVSI è una goccia…
Certo, e vorremmo fare molto di più, avere molte più risorse. Ma non è questo il punto. AVSI intende educare le persone. Ogni intervento tende a generare una novità in chi ci incontra così che questa vita nuova possa poi dilatarsi. La sfida è la possibilità di far crescere dei soggetti vivi, nelle zone del mondo disastrate ma anche qui in italia.
È una sfida, dunque, che riguarda ognuno di noi. Riguarda anche il semplice volontario che aiuta la campagna con un’iniziativa come le tante nate a Rimini, tra cui quella del Coro.
Cosa significa per te lavorare in AVSI?
Oltre ad essere una professione, AVSI per me è un luogo dove posso avere uno sguardo privilegiato sulla realtà. È un lavoro che mi tiene aperto sul mondo intero.
Quanto sono importanti le iniziative come quella di sabato sera?
Esprimono bene questa azione corale, in cui ognuno ha un compito. Oltre a questo, ci forniscono risorse decisamente significative. Sono un migliaio i nostri sostenitori e, grazie a tutti voi, ci arrivano un milione e trecentomila euro. Con il sostegno a distanza sono assistiti 25mila bambini. Sono dati importanti. Ma ancor più, con queste attività spesso così creative come la vostra, seminiamo un principio differente dentro la realtà che viviamo.
Dentro il bisogno di cura, di sviluppo, di educazione cerchiamo di far emergere quello che nel profondo sta a cuore ad ogni uomo. È su questo riconoscimento di un bisogno profondo che nasce e si costruisce una casa comune dove sentirsi pienamente accolti.
L’appuntamento è per il 19 maggio, al teatro Novelli di Rimini, alle ore 21 (vedi la locandina).
Siamo al quinto anno, tanti ne sono passati dal primo concerto, ma è più che mai vivo il desiderio di incontrarsi e di porre nella città un principio di novità, una possibilità di incontro e di risposta ai propri bisogni più profondi. È questa infatti la ragione ultima che muove i circa 70 componenti del coro, i quali mettono in gioco se stessi e la loro passione per la bellezza, attraverso il canto, per giungere ai confini del mondo, sia con la ricerca musicale, sia, concretamente, rispondendo alle urgenze che incontrano. Anche quest’ anno, infatti, i proventi del concerto andranno a sostenere gli studi di 14 studenti in Uganda. I ragazzi frequentano la Luigi Giussani High School, un’ oasi di umanità in un paese già martoriato dalla guerra, in preda oggi alla povertà e terra di accoglienza di profughi provenienti dal Sud Sudan.
A descrivere le sofferenze, ma anche le speranze e le scintille di vita presenti in quelle terre (tra cui la scuola è una delle perle più preziose), sarà Marco Ponselè, membro di AVSI e di recente impegnato proprio in Sud Sudan e che vanta forti legami con il Kenia e soprattutto l’Uganda.
AVSI è la realtà che coordina 150 progetti di aiuto concreto alle popolazioni in ben 30 paesi tra le zone più bisognose del pianeta. Quest’anno la raccolta fondi lanciata in Italia sostiene quattro progetti: un’ospedale in Siria aperto a tutte le persone, di qualsiasi ceto e credo religioso; un asilo a Qaraqosh, la città da poco liberata dall’ISIS; l’associazione Portofranco, che in Italia garantisce un aiuto allo studio a centinaia di ragazzi, tra cui numerosi stranieri, fornendo così un’esperienza di integrazione di straordinario valore; ed infine proprio la Luigi Giussani High School.
La formula della serata sarà quella sperimentata con successo gli anni scorsi: ad introdurre il concerto vi sarà la testimonianza di Ponselè, per poi viaggiare nel mondo intero, grazie alla musica, seguendo una traccia ben precisa, dettata dal tema che ha caratterizzato tutte le iniziative di AVSI di quest’anno.
Il tema scelto per il 2018 è la casa, intesa non solo come dimora fisica, ma come luogo di accoglienza e di incontro. Luogo in cui uno trova se stesso.
Quest’anno questa intuizione originale è ancora più evidente.
È sempre più forte infatti il pullulare di iniziative che nascono spontanee e che vanno ad incontrare i bisogni crescenti di una società sempre più liquida. Liquida nelle sue componenti d’origine. Non sappiamo più chi siamo. Non riconosciamo più la nostra terra come nostra “casa”. Non abbiamo più luoghi di reale incontro. Una perdita di coscienza resa ancora più acuta, ma non causata, dalla presenza di numerosi migranti, stranieri che fuggono dalle situazioni che AVSI tenta di alleviare e confortare nelle zone d’origine. Nascono così gruppi e realtà che si muovono per rispondere anche qui, in Italia, al bisogno di dimora, di istruzione, di accoglienza.
Il Coro Popolare di Rimini è un grande ponte lanciato tra il bisogno di trovare ed offrire una dimora. Cercare e trovare la propria casa ed offrirla a chi l’ha perduta è un tutt’uno. E questo si realizza, in primo luogo, in uno sguardo, in un incontro (dove tutto si ricompone, dove la casa prende forma nel proprio animo), fino a giungere a volerla costruire, raccogliendo denaro, producendo iniziative, magari partendo come testimonieranno i volontari di AVSI, che nei prossimi giorni interpelleremo per farveli conoscere meglio e che sabato sera avremo presenti fisicamente a Rimini.
La casa è un movimento della persona, che genera un’amicizia che diventa un luogo umano, una dimora dove ritrovarsi. Condividere questa casa con chi non la possiede, perché distrutta o mai costruita, è un passo conseguente e necessario. Ed è così che accade che gli amici del Coro possano giungere a sostenere una mezza classe di ragazzi, strappati ad un destino, altrimenti privo di speranza. È così che AVSI si impegna, senza pretese risolutive, a costruisce una casa per tutti.
Nei prossimi giorni approfondiremo quello che fa AVSI nel mondo e la grande opportunità che la serata di sabato offre ad ognuno di noi.
Opportunità, in primo luogo, di ritrovare la propria casa.
Nel 2014 il Coro Popolare già cantava “Voglio una casa”, anticipando il tema 2018 di Avsi.