Matrix involution

Da Ariminol del 21 novembre 2003 (pag.9)

 

Matrix revolution dovrebbe essere chiamato Matrix “involution”. Il film per quasi tutta la durata vive delle vicende dei primi episodi e, quando nel finale sembra prendere una piega sua propria, scivola in una narrazione fiacca e priva di spessore.

La trama imbastita è carente, tanto che durante la visione insorge un esplicito senso di stanchezza. E’ chiaro che i fratelli Wachowsky si sono arenati nell’impresa, tutt’altro che facile, di sostenere le loro valide intuizioni e senza dubbio il flop del film si spiega con questa difficoltà, peraltro piuttosto consueta in questi casi.

Ma forse in questa caduta verticale vi è qualcosa di più.
Abbiamo individuato nella vicenda dei primi due Matrix una forte tensione ad affermare il reale ed una valorizzazione, sebbene carica di elementi ambigui, della libertà, intesa quale libero arbitrio o scelta.

E’ evidente che la cultura contemporanea vive un forte senso di difficoltà al momento di affermare il valore e la consistenza del reale e i Wachowschy sembrano non essere affatto fuori da tale empasse. Sembra una maledizione, ma la creatività dell’uomo contemporaneo, sia che filosofi, sia che crei ardite opere d’arte, sia che traduca in un film la sua forza immaginifica, è decisamente in imbarazzo di fronte a quella che sembra l’evidenza prima del vivere: esiste qualcosa. Così nel film non c’è più direzione e la lotta di Neo diviene una sorta di compromesso con il mondo delle macchine. Nessuno vince; c’è la pace tanto agognata da Zion, ma il potere è sempre in mano alle macchine. Si traspone la tematica: dalla lotta per affermare l’origine reale dell’umanità, alla lotta per far vincere il bene contro il male (l’agente Smith), un bene e un male che sembrano determinati comunque dalle macchine, (o dal comune ma opposto rifiuto delle stesse? Nel film nessuna risposta) le quali sono una sorta di dio-demiurgo che crocifigge il proprio figlio, Neo, senza farlo risorgere. Già, perché la scena finale è una goffa imitazione della crocifissione (Neo morendo distrugge il male). Una crocifissione in cui però non vi è segno di resurrezione, salvo un possibile scherzo di un finto finale e di un futuro sequel.

E qui sembra essere il punto. Senza resurrezione non c’è realtà. Tutto è destinato ad apparire una “favola raccontata da un ubriaco in un eccesso di furore”. Il “coraggio dell’essere” (von Balthasar), vissuto come per istinto dai Greci, ribadito e rafforzato con la forza della fede dai cristiani, é in buona parte disperso nella cultura moderna e contemporanea. I fratelli Wachowsky non sfuggono a questo destino e tradiscono gli spunti iniziali del film, non sciogliendo alcuno dei nodi abilmente intrecciati precedentemente.

Forse anche perché per affermare il valore dell’essere non c’è bisogno di rivoluzione ma di resurrezione.

Matrix e la filosofia, ovvero l’ineludibile necessità di abbracciare il reale

 

Da Ariminol del 7 novembre 2003 (pag.7)

Al momento della pubblicazione di questo articolo su Ariminol, sarà già presente nelle sale cinematografiche il terzo episodio di Matrix, episodio che, come i precedenti, sicuramente susciterà dibattiti, commenti, discussioni e quant’altro.
Ci pare interessante riflettere su questa avvincente saga fantascientifica, soffermandoci un attimo per domandarci quale sia l’elemento di fascino del film. Film, ricordiamolo, che ha acquisito una notorietà che supera senza ombra di dubbio l’ambito degli amatori di un genere o del cinema in generale, ponendosi invece come riferimento capace di determinare mode, linguaggi e il vissuto quotidiano.
Malgrado gli elementi di interesse del film siano molteplici, forse quello più intrigante consiste nella capacità di tradurre in un linguaggio nuovo, accattivante e tecnologicamente avanzato, le questioni più antiche ed essenziali: le domande fondamentali che la ragione suscita nell’uomo di fronte alla realtà.
Che questo sia uno dei segreti del successo di Matrix lo prova la ricchezza di riferimenti che si trova sulla rete ad una semplice ricerca con i termini “matrix” e “filosofia”.
Sono migliaia i riferimenti presenti e di qualità interessante. Nella seconda parte dell’articolo intraprenderemo un viaggio all’interno di alcuni di questi siti, con l’intento di fornire un comodo viaggio tra le più varie interpretazioni possibili del film. A dir il vero intendiamo proporre anche un nostro percorso personale, che peraltro tocca un aspetto che non abbiamo incontrato nel nostro viaggio sulla rete e che pure ci pare centrale. Solitamente si intende Matrix tutto orientato a descrivere una realtà virtuale e illusoria, un mondo di macchine, uomini di pura coscienza (in salsa New Age). E se invece il film fosse, al di là di questi aspetti, l’espressione di una profonda esigenza di realtà? Detto in termini filosofici: e se il film fosse orientato verso un profondo realismo?
C’è chi trae dal film, quale messaggio filosofico suo intrinseco la seguente suggestione. In un articolo della prestigiosa rivista «Mind»: «Are you living in a Computer Simulation?» (Vivete in una simulazione fatta al computer?) il professor Bostrom, della Yale University, sostiene: «La nostra vita potrebbe essere per davvero una simulazione computeristica escogitata da una popolazione post-umana, molto più avanzata della nostra che vive in quello che noi crediamo il futuro».

Sebbene questo sia l’ambiente in cui si svolge buona parte della vicenda, ma non dimentichiamo la realissima astronave e la realissima Zion, non ci pare il messaggio più credibile di Matrix. Riteniamo al contrario che sia possibile continuare a credere che la nostra esistenza, le cose belle e tragiche della vita, gli amici, la moglie e i figli siano più che reali. Molto umilmente suggeriamo di porre l’attenzione a due parole chiave, sostenute da una terza che è strumentale alle prime. Le parole “libertà” e “realtà” sembrano dominare il film. La tensione verso questi concetti, poi implica la necessità di una “rivoluzione”, una lotta per riaffermare l’origine. Essa tuttavia non è fine a se stessa, né è colorita in sé stessa di un valore salvifico (quale cammino necessario della Storia, ad esempio), ma è una sorta di ribellione morale o percorso interiore di metanoia (conversione), di fronte al mondo delle menzogne, degli schemi rassicuranti, dell’astrazione irreale. La condizione fondamentale che permette questa lotta viene scoperta ed esplicitata gradualmente nel corso di tutta la vicenda. E’ la libertà, la scelta intesa come possibilità reale di determinare gli eventi. La necessità e la presenza della scelta, nella sua tensione contro la logica circolare del “sistema Matrix”, è evidente fin dall’inizio (scelta di essere o non essere un buon dipendente, scelta della pillola rossa o blu, scelta di salvare la vita di Morpheus, poi di Trinity, ecc.) e il protagonista Neo sembra in grado di superare gli schemi del sistema (l’oracolo opponeva la “missione” alla salvezza di Morpheus, l’architetto induce l’alternativa tra la salvezza di Zion e la vita di Trinity). Neo apre nuovi scenari che il sistema Matrix intende convogliare dentro la sua logica onnipresente ed oppressiva (correggendo l’anomalia, che fondamentalmente consiste nella libertà). Il terzo episodio chiarirà forse l’esito di questa dialettica (per Matrix) guerra (per Neo) tra l’affermazione della scelta libera e la circolarità sistemica della logica di Matrix.
Ma la parola decisiva che incombe sul film accanto a “libertà” è la parola “realtà”. Infatti, se è vero che si sostiene l’evanescente apparenza del tutto, al contempo si narra l’impresa di uomini che vogliono con tutte le loro forze affermare ciò che è reale, effettivo, carnale. Il film intero è l’esaltazione dell’ineludibile volontà di abbracciare il reale, dimensione originaria e vera seppure lontana. Non esisterebbe neppure la trama del film se si omettesse questo aspetto, eppure, ci pare, tante critiche del film lo dimenticano, affascinate dall’oramai consueto orizzonte di dubbio nei confronti delle cose. Dubbio che c’è nel film, ma solo per affermare una dimensione reale vera, dove gli uomini sono uomini, le cose sono cose e le macchine tornano ad essere strumentali all’uomo. Questa istanza realistica, considerata nel sito di indymedia come negativa e destrorsa (vedi sotto i link che proponiamo) ed invece semplicemente umana, sarà confermata nel terzo episodio o prevarrà il dominio dell’inganno e dell’astrazione?

A questo proposito invitiamo chiunque voglia intervenire in merito a scriverci per esprimere opinioni, aggiungere elementi, operare critiche. Potremmo forse iniziare un dibattito interessante, a più voci.

E’ comunque certo che il film ha il merito di far discutere e sollecitare riflessioni, tutt’altro che epidermiche, su un’affascinante linea che attraversa la cultura elevata, la filosofia, la cyber cultura, la fantascienza, la cultura underground della rete (interessanti gli episodi in stile anime, chiamati Animatrix, scaricabili dal sito ufficiale di Matrix).

Intraprendiamo dunque, ora, il nostro viaggio tra i meandri della rete, tra i quali, da oggi c’è anche Ariminol.

Andando sul sito amatoriale di Diego Fusaro, (studente, oramai ex, di liceo) , si trova una scheda relativa al primo Matrix che, dopo una prima analisi del film e dei dialoghi principali, si impegna a mostrare i riferimenti a Nietsche, Schopenhauer, Platone, Marx e Cartesio presenti nel film. Si scopre in Matrix una vera sintesi di un qualsivoglia programma di filosofia del liceo, dove temi gnoseologici ed ontologici vengono riproposti con un’indubbia profondità anche se ovviamente senza la pretesa di corrispondere alle esigenze sistematiche della disciplina.

Un passo oltre ci troviamo ne “Il giardino dei pensieri” (la pagina oggi non è più attiva – nda) dove Diego Marconi, partendo da Matrix allarga il tema al rapporto più generale che si può riscontrare tra cinema e filosofia. In particolare si riconosce a Matrix non solo il merito di riproporre temi filosofici classici ma di esercitare una spinta al filosofare, proponendo addirittura una sua propria filosofia. In particolare quattro sarebbero i temi propri del film: il rapporto tra artificiale e naturale; il rapporto tra mente e corpo; il rapporto tra realtà e sogno; il tema dell’illusione perfetta o della realtà virtuale. Profonda, affascinante e suggestiva l’analisi di Cristina Boracchi sul sito della Società Filosofica Italiana (anche questa pagina oggi non è più attiva – nda), dove si osa un approccio critico interessante mettendo in luce il significato più profondo delle rivisitazioni operate nel film, ma anche annotando le caratteristiche stilistiche innovative e soprattutto mettendo in evidenza l’intrinseco valore filosofico di Matrix, qui identificato nel percorso del protagonista, Neo, verso la verità.

Sulla vera e propria filosofia di Matrix interviene anche Corrado Ocone, (anche questa pagina oggi non è più attiva – nda), il quale ricorda le suggestioni della fantascienza di Dick e, sfidando le riflessioni scettiche di Morandini, (che ritiene il film un «pastrocchio saccente e misticheggiante»), interpella il maggior filosofo della scienza italiano, Giulio Giorello, il quale ci ricorda che in Matrix, dal punto di vista filosofico non si trova nulla di nuovo, rispetto a quanto Cartesio e Calderon de la Barca avessero già trattato (l’ipotesi che la vita sia sogno).

Quel che di nuovo sicuramente c’è, è la distopia, ovvero l’utopia negativa, una visione del futuro macchiata di orizzonti catastrofici e negativi, come viene messo in evidenza in http://www.it.ciao.com/Matrix__Opinione_41845 5 (anche questa pagina oggi non è più attiva – nda) .

Il tentativo di Alessandro Studer invece, sempre ne Il giardino dei pensieri  (pagina oggi non più attiva – nda), è quello di orientare i temi del film in direzione platonica e freudiana, attraverso la suggestiva metafora del “cinema” come figura della caverna platonica.

In un ampio articolo, in ihmagazine.it (pagina oggi non più attiva – nda), che spazia anche sugli aspetti tecnologici e stilistici del film, ci viene ricordato come Matrix abbia suscitato dibattiti, corsi universitari e pubblicazioni: (“The Philosophy of Matrix” di William Irwin, “Exploring Matrix: Vision of Cyber Present” di Karen Haber e “Taking the Red Pill: Science, Philosophy & Religion in Matrix” di Glenn Yeffeth e, aggiungiamo noi, in italiano “Visioni da Matrix, tracce di un presente cyber”, 17 saggi raccolti per i tipi della Sperling & Kupfer).
Più mirato l’intervento di Tombolino, che coglie un nesso diretto tra Heidegger (il filosofo che mise in guardia l’umanità dal dominio della tecnica) e Matrix (pagina oggi non più attiva – nda) mentre altrove troviamo letture esoteriche del film. Interessante notare che nei confronti di Matrix c’è già chi ha certezze politiche. Sul sito preferito dei No Global (Indymedia) si legge che Matrix ha l’infame colpa di essere di destra (“Matrix e Matrix Reloaded. Ecco due tipici esempi di cultura di destra, per quanto trasversale e forse inconsapevole.”), provate ad andare su per verificare il ragionamento (si fa per dire) sotteso a questo giudizio. (purtroppo anche questa pagina oggi non è più attiva – nda)

Ma tralasciando chi vuol trovare nemici politici in ogni dove, possiamo concludere questa carrellata citando il sito ufficiale di Matrix che offre, in inglese, diversi contributi in questa direzione  e conferma l’intenzionale pregnanza filosofica del film. (anche questa pagina non è più attiva, ma qualcosa ancora si trova qui)

Dopo questa lunga carrellata, attendiamo anche la vostra voce. Scriveteci!