Non avrete il mio odio

 

«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

(Lettera postata su Facebook da Antoine Leiris, che si rivolge ai terroristi che venerdì hanno ucciso la moglie, al concerto degli Eagles of Death Metal al teatro Bataclan di Parigi).

Questo è l’occidente che vincerà la battaglia. È la radice umana e cristiana della nostra storia. Cristiana, e dunque, per definizione stessa, aperta all’uomo, all’uomo in tutte le sue condizioni, fino a giungere a quel dolore che nessuno ha il coraggio di guardare. Quel dolore che è un abisso, a cui tuttavia siamo stati educati  a guardare attraverso gli occhi della croce e della resurrezione. E da cui nasce la potenza di quell’altra parola, perdono. Parola che pare impossibile all’uomo.

Le articolazioni culturali per capire meglio ci sono e basta cercarle. Qui ad esempio, l’intervista di Tornielli a Borghesi, che credo debba essere letta e discussa, a fondo. Accanto a queste esistono analisi che portano alla divisione e all’amplificazione del male e del conflitto. Occorre scegliere.

Di contro ad ogni facile semplificazione, occorre distinguere e capire, certi che esiste una ricchezza preziosa, capace di darci l’opportunità di uscire dall’empasse in cui siamo caduti.

Il valore della lettera di Leiris, infatti, è nella testimonianza di una diversità presente, non ancora cancellata, di un vivere capace di vincere la morte e l’odio.

Per questo la testimonianza di amici mussulmani, amici cari di cristiani, come Farahd Bitani o Wael Farouq, sono oggi preziose, perché  percorsi rinnovati e in atto di una possibile novità per l’uomo, chiamato, ora come sempre, a rispondere alla domanda che ci accomuna tutti: che cosa regge di fronte alle sfide dell’esistenza?

La risposta al terrorismo passa per le vite di ognuno di noi, chiamati a non dimenticare, come vorrebbero che facessimo, questa domanda.

Il mio amico Arca, scrive su Facebook, riportando Pasolini…

Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.

Pier Paolo Pasolini – “Vie Nuove” n. 51
28 dicembre 1961

Uniti nel tentativo di rispondere ci si riscopre assieme, pur da posizioni differenti.

È il voler il bene dell’altro in quanto altro. È l’anima dell’Europa.

Come dice Leiris, se saremo fedeli a questo, siamo già vincitori.

Il vuoto che non regge più

Leggo con sgomento, le vicende relative agli attacchi jhadisti di Parigi, nel cuore dell’Europa, nel cuore della Francia laica e democratica, il paese che maggiormente ha scommesso con altezzosa caparbietà sulla possibile costruzione di una società laica e asettica rispetto ad ogni fede ed ogni religione.

Mentre la Francia instillava il suo credo laico, combattendo le sue radici cristiane -ad esempio vietando categoricamente riferimenti ai simboli cristiani in scuole, ospedali e luoghi pubblici -, era poi non curante del montante crescere di una realtà nemica al suo interno. Lo stesso può dirsi dell’Italia e, forse, di ogni paese europeo.

Ora siamo in guerra, non nascondiamocelo più. Come ha detto papa Francesco, una strisciante Terza Guerra mondiale combattuta a pezzetti. Un pezzetto è qui tra noi. Gli eventi di Parigi sono stati anticipati dalla scoperta di una rete jihadista, che ha una sua sede anche a Merano. Qualcuno dovrebbe anche ricordarsi delle tristi vicende legate al mullah Krekar, e di come sotto giudizio finirono giornalisti e membri dei servizi segreti italiani, accusati di essere spie e infamati con tanto di pubblica gogna, per essere poi prosciolti da ogni capo d’imputazione, mentre si salutavano le doti dialoganti del Mullah, oggi rivelatosi come l’artefice di una pericolosa rete jihadista.

Queste constatazioni non tolgono la necessità di costruire un dialogo, semmai l’aumentano, ma tolgono ogni alibi a chi crede possibile la costruzione di una società (e di un dialogo) priva di identità.

La natura vive un horror vacui, sostenevano i medievali aristotelici. Se in natura, la fisica preferisce altre spiegazioni, di certo questo principio ha valore per la società umana. Se si costruisce sul vuoto, questo vuoto viene riempito da qualcuno. Se dimentichiamo le radici che hanno costruito la più appetibile società, oggi, del pianeta, raggiunta per questo da tanti popoli disperati,  qualcun altro la estirperà per occuparne le terre e assorbirne le ricchezze materiali e spirituali.

I fatti di Parigi sono un monito a ritrovarsi uniti, a sostenere e recuperare la coscienza di quel che siamo.

È curioso che tutto questo accada mentre approfondivo con i miei studenti la tragedia nazista, vista con gli occhi dei ragazzi della Rosa bianca. Proprio ieri sera in venticinque a immedesimarsi con la vita e discutere sulla storia di un pugno di giovani non disposti a cedere al vuoto, a voler affermare un “pieno”, costituito dalla propria cultura, dalla propria coscienza, dalla propria sete di Assoluto. Curioso che proprio questa mattina a lezione, riprendendo i contenuti, insistessi sul fatto che quelle vicende non sono lontane da noi, sono battaglia quotidiana, sono la sfida di ogni giornata. Qual è il pieno che ci spinge ad andare al lavoro o allo studio ogni mattina? Abbiamo un pieno da difendere, per cui lottare, in cui sperare?

Gli eventi di Parigi sembrano portare l’inderogabile necessità della scelta di nuovo tra noi, sembrano sollevarci da ogni torpore e porci la domanda inquietante: tu chi vuoi essere? Tu chi sei?

Di fronte al male disperato di bande di aguzzini, tu che luce porti? Fuggi? Hai paura, impotente e tremolante? Oppure vivi un’esperienza invincibile?

Domanda pertinente, da porci l’un l’altro, che ulteriori notizie svelano terribilmente occultata e scientemente elusa da tempo. La vicenda del veto, posto a una classe di scuola elementare toscana, a visitare una mostra perché vi erano rappresentati crocefissi, l’astiosa distanza che nella scuola, nella cultura, nella società,  si prende rispetto all’evento cristiano, come fosse nemico giurato dell’Europa e non suo padre, svela l’ottundimento del pensiero, incapace di riconoscere donde venga il pericolo oggi. Proprio come ai tempi di Hitler, allora spaventati dagli Ebrei, anche oggi nessuno si accorge da dove viene il reale pericolo e dove stanno le reali risorse.

Uno svuotamento dell’anima e della dignità di un popolo, quale quello perseguito da troppi decenni, è il vero pericolo che ci potrebbe rendere inermi di fronte alla violenza rinascente. Oggi come allora, non mancano i suonatori di violino, lugubre melodia dei campi di concentramento tedeschi, che coprono il dolore di chi soffre, per un gioco della società e dei potenti che, ora, tuttavia, si fa davvero pericoloso.

Occorre svegliarsi e tornare a guardare la realtà nella sua ingombrante portata di dramma e di lotta.

Chi può lo faccia subito. È tempo di svegliarsi dal sonno.

Qual è la tua esperienza invincibile?

Qui le terribili immagini della carneficina di Parigi.