Impressionante la notizia che riporta Il Sussidiario… Un donna ferita al Bataclan, colpita da 6 colpi di arma da fuoco, tre al petto e tre al ventre, è uscita dal coma (leggi qui). La riabilitazione durerà un anno, ma tutto concorreva a far sì che non dovesse essere più su questa terra.
Di fronte all’abisso di questa incredibile sfortuna (essere lì) e “fortuna” (essere viva, malgrado l’essere stati trapassati dalle pallottole delle armi automatiche dei terroristi), non ci si può non chiedere: ma perché? Cosa vuol dire ora per lei vivere? E cosa è morire?
Perché ci siamo e qualcuno non c’è…?
Ed esserci, in mezzo a questa “casualità” assoluta (o non dobbiamo forse dire “gratuità” assoluta, il che è lo stesso, visto però da un altro lato), che significato assume?
Chi ci tiene in vita e chi ce la toglie? Un caso, un destino o Uno con cui entrare in rapporto…?
C’è possibilità di entrare in rapporto con la ragione del nostro esserci? Ma chi è, cosa è, in definitiva, questa ragione? Giacché quanto accade attesta ragioni (il mondo ha una sua struttura), ma queste ragioni non paiono sufficienti a spiegare il punto d’origine.
Viene in mente la modalità con cui Marta Bellavista si poneva questa domanda, nel famoso intervento che tenne in Università nel 2007, dopo essere guarita dal suo primo tumore, un approccio del tutto singolare e a noi così poco noto.
“tu che mi hai ridato la vita una seconda volta, tu che mi hai salvata, cosa vuoi da me? perché mi hai donato tutto questo? perché mi fai desiderare tutto così potentemente? tu che mi puoi togliere e mi puoi dare tutto, continua a mostrarmi il tuo amore e permetti che io non ti resista ma mi abbandoni totalmente a te.”
Marta aveva instaurato un dialogo profondo con un interlocutore.
Vengono in mente le inquiete domande di Tree of life, di Malick, e quelle che ci poniamo sempre quando tra persone libere, pur partendo spesso da posizioni del tutto differenti, ci si ritrova a parlare di ciò che ci preme nelle vita. Non c’è altra domanda che valga la pena realmente porsi, e tutte le domande che possono insorgere, non fanno altro che rimandare a questa. Urge una risposta. E questa “urgenza” rende affascinante la vita.
PS: (dedicato agli amici della “birra filosofica”).
Una risposta a “Vivere. Perché? Per Chi?”