Avevo intervistato un santo

È arrivata subito, ed ha riempito i mass media, la notizia della morte di Vittorio Tadei, una delle ultime figure, ancora viventi, di grande imprenditore della cultura cattolica. Uno di quelli che hanno costruito l’Italia negli anni ’50, per capirci. Un uomo di tempra, capace di concretezza e di umanità, di spirito pratico e di grande fede. Se l’Italia crebbe oltre ogni aspettativa e smise di essere un’ “Italietta”, almeno parzialmente,  in buona parte lo dobbiamo a persone di questa stoffa. Una testimonianza, quella di Vittorio, che ancora oggi lascia sentire la sua voce. La Teddy, da lui fondata, continua ad essere un faro nel mondo dell’economia locale e internazionale. E il metodo, raccontano le figlie, è sempre quello segnato da Vittorio.

Nel 2011 ebbi l’opportunità di intervistarlo. Allora dirigevo Oltre, periodico della Karis Foundation, che uscì per qualche anno. Tra le notevoli interviste che abbiamo avuto occasione di fare (Stefano Zamagni, Wael Farouq, Waters…) , quella di Vittorio è una delle più impressionanti. Titolai il pezzo Oltre Steve Jobs, poiché mi parve chiaro che Vittorio possedeva una lungimiranza che faceva pensare ad un visionario, come lo era Jobs, ma, allo stesso tempo, l’umanità e il senso delle cose che da lui promanava erano decisamente un passo oltre.  Scrissi allora, introducendo il pezzo, Non facile intervistare Vittorio. Lui ama i fatti e non le parole. Tuttavia le parole che escono dalla sua bocca hanno un peso specifico enorme. Semplici e dirette, nascondono anni di esperienza, di tormento e di creatività, di semplicità e di fede. Uscito dall’intervista ho una percezione netta e chiara, che riempie l’animo di positività e che però non posso qui esternare. Posso solo definirla così: ho conosciuto un po’ meglio una persona che non si può non incontrare”.

Allora non mi sembrava delicato (vista la riservatezza di Vittorio) esprimere  quel pensiero che condivisi subito con l’ex alunno Karis che lavorava (e lavora) da lui e che aveva insieme a me condotto l’intervista, Andrea Arcangeli. Uscito guardai Andrea  e gli dissi, “Ho intervistato un santo!”. Credo che ora lo si possa dire, senza dare a questa espressione una connotazione spiritualistica, e neppure di stampo “ecclesiastico”, quasi da santo del calendario. Non ho nessuna competenza in tal senso. Ma se il santo nella chiesa è colui che si affida totalmente a Dio, al Mistero presente e prossimo nella storia dell’uomo, ebbene Vittorio trasudava questo abbandono. Un abbandono che fa venire in mente l’artista Bill Congdon, recentemente riscoperto a Rimini da tanti, grazie ad una iniziativa del Portico del Vasaio.  Anziano, a pochi giorni dalla sua morte, fu intervistato da Red Ronnie e parlò in termini impressionanti dell’ abbandono in cui consiste tutta la vita. In un bell’articolo di Laura Staccoli, si percepisce che la radice della grandezza di queste due vite, sta nella ricerca di ciò che realmente  riempie la vita e nella scoperta che questa ricerca consiste in un abbandono nelle braccia di un Altro che attende. (E nel lettore forse sovverrà qualche richiamo all’anno della Misericordia, ma tutto è uno, la vita è una e nella vita di un grande uomo sta la storia intera, anche nei suoi passi più recenti).

Vi propongo qui di seguito, pressoché integralmente, quell’intervista a Vittorio. Era l’occasione del 50° della Teddy (bellissimo il suo discorso tenuto alla convention dell’azienda e che potete leggere qui, mentre seguendo questo altro link potete vedere il video girato in quell’occasione e che nella parte finale riprende proprio Vittorio mentre parla).

Da sinistra: Vittorio Tadei, Giovanni Gemmani e don Giancarlo Ugolini
Da sinistra: Vittorio Tadei, Giovanni Gemmani e don Giancarlo Ugolini in occasione dell’inaugurazione della sede presso la Comasca della Karis Foundation.

Occorre chiarire anche il filo diretto che lega Vittorio, sempre attento all’educazione dei giovani, con le scuole della Karis.

Insieme a Giuseppe Gemmani (figura che per tanti aspetti presenta similitudini con Vittorio) acquistarono la colonia Comasca e la trasformarono in un edificio adatto per le scuole Karis, accollandosi tutti i costi. Di questi gesti di assoluta gratuità ed utilità sociale e culturale, Vittorio ne ha compiuti a centinaia. Erano la sua quotidianità.

 

 

 

 

Da Oltre n. 2 del marzo 2012

Vittorio, qual è il segreto della Teddy?

Sono le persone a fare la differenza. Sempre. Noi scommettiamo sulle persone. Gli uomini sono tutti uguali, perché immagine di Dio, ma io sono sempre stato affascinato per i tipi appassionati, appassionati alla vita.

Sono 50 anni di Teddy. Siamo in una crisi terribile eppure siete in crescita. Dove è il segreto?

Bisogna sempre cambiare. Noi abbiamo già iniziato un cambiamento importante. Per far questo occorre che chi lavora in azienda sia partecipe dello spirito che qui si vive, che ne sia consapevole così da poter dare il suo contributo unico e irripetibile. Ognuno può e deve essere imprenditore di se stesso. Se è così allora sarà capace di distaccarsi dalle forme vecchie per crearne di nuove, sarà in grado di affrontare i problemi che sempre, di volta in volta, si parano innanzi.

Ma come si fa a diventare imprenditori di se stessi?

Occorre lavorare con un desiderio grande. Lavorare per lo stipendio non basta. É necessario ma non basta. Non basta all’azienda, che ha bisogno di uomini e non di dipendenti, ma non può bastare neppure personalmente. Non rende felici. Questo desiderio di vivere un sogno grande è parte del segreto della Teddy.

(Qui interviene il nostro ex alunno, Andrea Arcangeli)

“Vittorio ti cambia. Quando entri qui scommette tutto su di te e sei responsabilizzato. Ti cambia e ti aiuta a giocarti con tutto te stesso nel lavoro che fai. È accaduto a tanti qui dentro”.

Ma il punto vero è – riprende con energia Vittorio Tadei – che noi abbiamo un Socio di maggioranza tale che la nostra storia non puó andare male. Finché saremo legati a Lui sono certo che andremo avanti per altri 50 anni, anzi 500.

Socio di maggioranza?

È Gesù. Io sono fiducioso, perchè vedo che chi ha preso in mano oggi l’azienda ha fede come e più di me. Allora sono tranquillo. Non verrà a meno il Socio di maggioranza.

E qui tocchiamo il fulcro della questione. Capiamo meglio il “sogno” della Teddy, il pensare in grande, ecc. A dispetto di chi ritiene che fede e affari siano due entità incompatibili, Tadei non intende il riferimento alla fede in chiave spiritualistica o moralistica e chiarisce…

La nostra azienda è portata da un Altro. La mia vita intera è sempre stata portata da un Altro. Io non ho fatto altro che seguire quello che mi veniva chiesto. È Lui che mi ha fatto capire le cose essenziali della vita, tra cui quella principale ovvero la cosa che ti fa contento. Non ti fa contento il denaro o il successo. Io ho capito sempre più che puoi essere contento solo in relazione col Padre eterno. Tutto il resto passa e lascia l’amaro in bocca. Abbiamo bisogno dell’eterno. Questo ci vuole per fare una buona azienda.

Ci ha parlato di relazione con il Padre eterno e di essere portati da Lui. Ma come riconoscerlo? Come riconoscere quello che è chiesto?

Dai fatti. Le parole non servono, bisogna lasciar parlare i fatti.

Ovvero?

Le vicende che accadono nella vita ti chiedono sempre qualcosa. Uno che ha bisogno, l’altro a cui devi dare fiducia, l’incontro con culture differenti… Quel che ti succede, ti parla e chiede una risposta… come la vita di mio figlio Gigi, che mi ha insegnato che occorre sempre rispondere ad un bisogno. (il figlio di Vittorio, Gigi, è morto precocemente e tragicamente ndr).

Perché Gigi è stato così importante?

Gigi è fondamentale per la Teddy, perché ci obbliga a porci la domanda “a cosa serve tutto?” Inoltre ho capito, grazie a lui, quella che è la vera utilità delle persone, che non coincide con quello a cui servono. Gigi, che ci aiuta ancora da lassù, ha portato la dimensione della gratuità in azienda. Io ho imparato tutto da lui e ringrazio don Claudio per come lo ha accompagnato.

E questo é il metodo che ha applicato in azienda?

Nell’azienda e nella vita. Qui abbiamo tanti che vengono da fuori, da situazioni difficili e che ora sono colonne portanti. Nella vita io ho ascoltato i fatti. In realtà io non sono affatto adeguato rispetto a quel che vedo essere accaduto. E sono grato perchè malgrado non sia in grado di farlo, sono stato scelto. Io non ho scelto nulla ma sono stato scelto.

di Certo nella vita sono accaduti a me alcuni passaggi più significativi di altri. In particolare ricordo due frasi. La prima l’ho letta quando avevo 13 anni, nella mia casa bombardata di via Abruzzo. Era il 1948 e camminando tra le macerie, ho trovato un libro aperto dove ho letto queste parole: “L’uomo è amministratore dei beni che dispone e non padrone”. Questa frase per me è liberante. La seconda frase che mi ha guidato in questi 50 anni di storia l’ho letta sul muro di un convento vicino a Pistoia. Ce l’ho ancora stampata negli occhi: “A cosa ti serve conquistare il mondo intero se poi perdi te stesso?” Non capivo quelle frasi. Non avevo nulla, non guadagnavo nulla. Ma ne avvertii il fascino. Compresi che nella vita il problema è solo uno: quello di essere felice, di trovare ció che ti fa felice.

Sembra impossibile che quanto lei ci racconta possa però accadere in un’azienda, possa tenere in piedi un’azienda da quasi 400 milioni di euro di fatturato…

Invece è così. Le faccio questo esempio. Nel 1988 ho preparato la successione alla guida dell’azienda. Io non volevo si creassero frizioni e conflittualità. Doveva guidarla chi era capace di farlo, qualsiasi cognome avesse (Tadei o non Tadei). C’erano due o tre che erano in grado. E io avevo in mente chi, ma non volevo si accendessero difficoltà, che qualcuno ci restasse male. Senza che io lo dicessi, quello che avevo in mente è stato indicato da più di un top manager dell’azienda. In particolare due di loro avrebbero potuto ambire alla guida, ma indicarono lui, Alessandro. Furono capaci di quella volontà di guardare i fatti e la realtà di cui le dicevo prima, perchè effettivamente Alessandro ha una marcia in più. E lui peraltro vive una fede vera. La Teddy va avanti per la fede. Occorre ricordarselo sempre.

Siamo su un giornale di una scuola. Cosa vorrebbe dire ai giovani?

Che cerchino ciò che li fa veramente contenti. Devono sempre inseguire questo ideale. Niente di meno puó essere adeguato loro. E la felicità è data dal seguire Lui. Sempre.

Uscendo, Andrea mi mostra alcuni pannelli in cui sono riassunte le opere di educazione e di assistenza sostenute o direttamente create dalla Teddy. È una sequela impressionante di luoghi e volti, alcuni legati a don Oreste Benzi, altri a Comunione e Liberazione. Nel silenzio, senza alcuna ostentazione, la Teddy opera nella società secondo principi che allargano il cuore e gli orizzonti. E tutto ciò, grazie ad un uomo che ha accettato Chi l’ha scelto. Il tutto dentro una semplicità disarmante, capace davvero di vincere la crisi, su cui Vittorio ci dice “ce ne sono state tante. La crisi significa solo che dobbiamo fare meglio e di più. D’altra parte con un Socio di maggioranza così, chi ci può fermare?”.

 

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